La seduta del 20 novembre 2014

I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Il 20 novembre 2014, presso la Sala Consiliare del Comune di Ravenna, si è riunita la Consulta delle Ragazze e dei Ragazzi eletti nei plessi scolastici del nostro territorio fra gli alunni di quarta e quinta classe della scuola primaria e fra quelli della scuola secondaria di primo grado. Alla prima Consulta partecipano sia i membri effettivi che i supplenti, per un totale di 68 presenze.

I lavori sono stati aperti dal Sindaco, che ha sottolineato l’importanza della data: il 20 novembre 2014,infatti, XXV° Anniversario della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, è stata proclamata dall’ONU Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.

Il Sindaco Matteucci ha ribadito che sono proprio i diritti per tutti l’obiettivo importante da raggiungere, meta difficile, che non si deve smettere di perseguire, con le azioni di tutti i giorni, rispettando chi è diverso da noi e riconoscendone il valore. Ha, poi, ringraziato la scuola media Montanari che, attraverso i propri rappresentanti, gli ha regalato un grande cartellone con le tappe per la candidatura di Ravenna a Capitale europea della cultura 2019 a cui ha partecipato attivamente. Con questo hanno voluto dimostrare come, pur non avendo vinto, l’entusiasmo e quanto prodotto fino ad ora sono diventati un patrimonio che i ragazzi vogliono salvaguardare e portare avanti .

Dopo i saluti di Bice Evoli Rosetti, Presidente di UNICEF Ravenna , l’assessore Bakkali ha messo in risalto l’importanza della giornata, anniversario utile per parlare, riflettere, ma anche agire facendo coincidere il pensiero con la realtà anche semplice, di tutti i giorni. E qui ha presentato la figura di Malala.

Malala Yousafzay ha 17 anni e ha ricevuto quest’anno, il Premio Nobel per la Pace “a pari merito” con Kailash Satyarthi, un signore di 60 anni, attivo dagli anni 90 nella lotta in forma totalmente pacifica, contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che con la sua organizzazione ha liberato almeno 80 mila bimbi da quella che è una vera e propria schiavitù , favorendone la reintegrazione sociale.

Il valore grande del premio quest’anno è che è dedicato ai bambini, che ci ricorda che la scuola è il mezzo principale per combattere ignoranza, miseria e sopraffazione.

Malala è il più giovane premio Nobel nella storia di tutte le categorie del premio; la motivazione del Comitato per il Nobel recita: «Nonostante la sua giovane età Malala Yousafzay ha già combattuto diversi anni per il diritto delle bambine all’istruzione ed ha mostrato con l’esempio che anche bambini e giovani possono contribuire a cambiare la loro situazione. Cosa che ha fatto nelle circostanze più pericolose». «Attraverso la sua lotta eroica è diventata una portavoce importante del diritto delle bambine all’istruzione».

Malala ha solo 17 anni, ma sembra che la sua vita sia stata già molto più lunga. Viveva in Pakistan nella regione dello Swat, un’idilliaca regione di montagna ai confini con l’Afghanistan.
«Avevo dieci anni quando i talebani arrivarono nella nostra valle. Moniba (la sua amica) e io avevamo cominciato a guardare insieme i film della serie Twilight, e volevamo assolutamente diventare vampire. Anche i talebani ci sembrarono arrivare di notte come vampiri», scrive.
Tra gli aspetti più brutti di quell’occupazione – militare, religiosa, culturale – c’era naturalmente il tentativo di impedire alle ragazze di andare a scuola, “diritto inalienabile” a cui lei non voleva rinunciare. Sostenuta dal padre, ha continuato la sua battaglia, sia dal blog che aveva cominciato a scrivere a 11 anni affidato alla BBC (emittente televisiva inglese, un po’ come la nostra RAI), sia rilasciando interviste a giornalisti stranieri e pakistani.
Fino all’ottobre del 2012, giorno in cui un uomo, salito sull’autobus della scuola, ha tentato di ucciderla con tre colpi di pistola, di cui uno direttamente in viso. Da quel momento la vita di Malala è cambiata. Ddopo le prime cure in Pakistan, è stata portata in un ospedale di Birmingham. Per lei sono immediatamente scesi in campo emiri arabi, star di Hollywood, politici americani e lo stesso governo pakistano, oltre a tanta gente comune. Oggi Malala vive ancora a Birmingan,, insieme alla sua famiglia, che l’ha aiutata nel lungo processo di guarigione, e frequenta la scuola superiore. Quel proiettile ha cambiato il suo destino trasformando la bambina di 11 anni in un’attivista per i diritti umani e per il diritto all’istruzione in primo luogo, riconosciuta sulla scena internazionale tanto da aver ricevuto il premio Sakharov lo scorso anno e il Nobel per la Pace quest’anno, che lei ha detto più volte di «non meritare, non avendo fatto ancora abbastanza». Invece lei ha fatto delle cose importanti, per es. ha portato più volte l’attenzione sul limbo in cui vivono i bambini siriani rifugiati in Libano, collegandosi con loro via Skype ma anche recapitando libri e quaderni di persona nei campi profughi. È diventata insomma un modello di attivismo per la generazione dei selfie, una generazione rimproverata spesso di autoreferenzialità, ma non per questo incapace di identificarsi con i problemi altrui.

Questo ci fa anche riflettere sui social media, mezzi potenti, sia in negativo, sia in positivo (come in questo caso), i cui esiti sono molto legati a come e a chi li utilizza. Malala alla consegna del premio ha detto:Io voglio dare voce a tutti quei bambini che non l’hanno, che non parlano. ..che hanno il diritto all’istruzione… a non soffrire per il lavoro minorile e per il traffico di bambini che hanno diritto ad avere una vita felice …”

Sono stimati in 57 milioni i bambini/e che non hanno accesso all’istruzione.

L’esempio di Malala e di Satyarthi dimostrano che:

  • le forme di protesta e le azioni assolutamente pacifiche, possono essere più potenti delle armi per difendere e ribadire le proprie scelte;

  • il diritto alla scuola, ad avere un istruzione è la possibilità per ognuno di poter parlare, dire di sé e avere uno strumento in più per determinare la propria vita e far crescere anche quella della comunità.

E questo emerge bene dal discorso che Malala ha fatto all’ONU l’anno scorso a 16 anni, davanti ai grandi della terra. Un discorso forte, saggio e determinato, di cui si propone la parte finale:

“Cari fratelli e sorelle, vogliamo scuole e istruzione per il futuro luminoso di ogni bambino. Continueremo il nostro viaggio verso la nostra destinazione di pace e di educazione. Nessuno ci può fermare. Alzeremo la voce per i nostri diritti e la nostra voce porterà al cambiamento. Noi crediamo nella forza delle nostre parole. Le nostre parole possono cambiare il mondo, perché siamo tutti insieme, uniti per la causa dell’istruzione. E se vogliamo raggiungere il nostro obiettivo, cerchiamo di armarci con l’arma della conoscenza e di farci scudo con l’unità e la solidarietà.
Cari fratelli e sorelle, non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono la povertà, l’ingiustizia e l’ignoranza. Non dobbiamo dimenticare che milioni di bambini sono fuori dalle loro scuole. Non dobbiamo dimenticare che i nostri fratelli e sorelle sono in attesa di un luminoso futuro di pace.
Cerchiamo quindi di condurre una gloriosa lotta contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo, dobbiamo imbracciare i libri e le penne, perché sono le armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo. L’istruzione è l’unica soluzione. L’istruzione è la prima cosa. Grazie”.

Ai ragazzi e alle ragazze era stato chiesto di riflettere insieme alle insegnanti e ai compagni di classe sul tema della giornata e di portare in assemblea quanto emerso: disegni, frasi, scritte colorate, frasi e pensieri sono stati raccontanti, letti e condivisi. Eccone alcuni:

Abbiamo diritto alla vita. E’ giusto che i grandi ci aiutino a crescere e che ci amino …

Abbiamo diritto al Sorriso

Tutti i bambini del mondo possano andare a scuola e vivere in un ambiente sereno senza essere in situazioni di pericolo e che i bambini diversamente abili e /o più poveri abbiano la possibilità di studiare

E’ un diritto essere liberi di scegliere chi essere rispettando la libertà e le opinioni degli altri