PROGETTO OA5FP

Progettisti: Igor Ciuffarin architetto/musicista, Gabriele Fatutta-grafico, Lorenzo Pentassuglia-architetto, Andrea Treleani-grafico.

Il progetto rappresenta la risposta ad una sfida che abbiamo voluto riassumere con questa domanda
Cosa significa realizzare un parco urbano in tempo di crisi?
1. Qualità.
Il progetto di architettura oggi, soprattutto quello di spazi aperti di medie e grandi dimensioni, si trova coinvolto in processi di cambiamento delicati, non sistematici e così veloci da avere un altro passo rispetto i normali tempi di realizzazione dello stesso. Spesso la molteplicità degli obiettivi e la limitatezza delle risorse portano progetto e progettisti a realizzare soluzioni poco incisive e troppo legate la prezzo per mq dell’intervento.
A nostro avviso, la qualità dello spazio è un valore duraturo nel tempo, potenzialmente inscalfibile da processi di abbandono o degrado. Il progetto presentato, materiale e immateriale, svilupperà sinergie fisiche e sociali, solide e durature. Esso racconta spazi costruiti attorno a concetti di luminosità, intimità, mixitè funzionale, profondità visiva, condivisione, alternanza di materiali caldi e freddi, ecc.
2. Accendere la miccia
Ancor prima di dare forma allo spazio, si è voluto dare forma alle relazioni che il progetto intende sviluppare. Progettare lo spazio pubblico, a nostro avviso, significa utilizzare le potenzialità del luogo per dare il via a un processo di rigenerazione che riguardi l’area dell’intervento e che contamini il contesto, funzionando da “faro” e da sponda per la creazione di sinergie con altri spazi e altre attività. La prima “regola” di questo progetto è stata quella di prevedere diversi usi per uno stesso spazio, quindi di non definire indiscutibilmente “chi fa cosa, dove e come”. Il progetto prevede una serie di spazi interni ed esterni uno a servizio dell’altro: se un tratto di percorso diventa platea per la sala conferenze, un tratto di serra diventa palco per un evento musicale o sala da ballo per un laboratorio di danza.
3. Spostare i costi
L’attuale condizione di crisi ci porta a lavorare sulla fattibilità del progetto in modi completamente differenti rispetto poco tempo fa. Ai giorni nostri,progettare non vuol dire organizzare tutto, ma lasciare certi gradi di libertà che permettano che le cose possano accadere anche da sole e ripensare al progetto secondo due aspetti. Il primo, non sempre puramente economico, è una questione legata all’investimento. Quanto tempo e quali risorse devo essere messe in gioco per la realizzazione di un progetto? La seconda questione riguarda il livello di sfida che vogliamo intraprendere nel rispetto delle nostre disponibilità.
Pensare di realizzare un progetto ambizioso con costi nulli è incoscienza. Realizzare, invece, qualcosa di inedito ed originale impone -se fatto bene- necessariamente l’impiego di molte risorse. Detto in un altri termini, tempi, costi e qualità del progetto sono strettamente legati: se i soldi sono pochi, bisognerà investire maggiori quantità di tempo per ottenere un risultato di buon livello.
Tali risorse possono essere contenute, se il programma di spesa per le attività e il guadagno ottenuto da tali attività consentono
un tempo di ritorno entro limiti accettabili (10 anni).
Spostare i costi vuol dire puntare su nuovi modelli economici come l’autocostruzione e l’autogestione: far lavorare i concessionari
per far crescere il parco al posto dell’affitto e offrire a un vivaista lo spazio necessario per coltivare le proprie piante in cambio della cura del verde pubblico presente nel parco sono solo due dei molti esempi possibili.
4. Interpretare la contemporaneità
Ovvero saper interpretare in modo coerente in termini di sostenibilità il dialogo tra progresso tecnologico ed “economia” delle risorse (scelte dei materiali, processi costruttivi, ecc). La tecnologia costruttiva della serra è stata utilizzata per realizzare
due grandi contenitori di attività, facilmente smontabili e di basso impatti visivo. Allo stesso tempo, le serre risultano a tutti gli effetti un intervento “site specific”, grazie alla loro praticità, la loro estetica in termini formali e di materiali di rivestimento,
e relativamente al loro uso.
Grazie al processo di ibridazione dei classici materiali di composizione della serra, con diversi materiali di tamponamento, nonchè con tecnologie impiantistiche economiche e ad alto rendimento, questo tipo di strutture modulari componibili bene si prestano ad ospitare al loro interno diversi tipi di funzioni pubbliche e private, collettive e individuali, diurne e notturne. I quasi 1000mq di spazio coperto sono stati destinati a contenere un programma funzionale vario e integrabile, che prevede: 4 case per artisti con relativo spazio laboratorio, una sala polifunzionale adatta ad essere utilizzata come sala conferenze dalla capienza di 140 posti a sedere, spazi tecnici di deposito attrezzi e materiali, servizi igienici pubblici, info point, bar/ristorante con cucina, mercatino a Km 0 e un ampio spazio per le attività di esposizione e vendita di un vivaista.
5. Saper leggere il contesto
Dovendo lavorare con un contesto già precedentemente presidiato come può essere un’area di orti urbani, la prima mossa è stata quella di leggere in quali modi gli abitanti abbiano vissuto lo spazio finora. La lettura dei segni preesistenti ha permesso di comprendere come progettare un luogo del genere tramite un intervento minimo, temporaneo e rimovibile.
La cosa più interessante che questa analisi ha evidenziato, oltre ai diversi pattern di usi del terreno, è la presenza lungo l’asse nord-sud di una serie di alberi che, potenzialmente, potrebbero essere riuniti sotto un’unica massa boschiva più folta. Questo bosco potenziale, diventa spunto fondamentale per tutto il successivo progetto.