Progetto 4A1P5

Progettisti: Giacomo Valzania-architetto (capogruppo), Manuela Senese-architetto, Nicolò Maltoni-illustratore, Cristiano Spadoni-artista circense, Micol Giovanelli-performer.

Terraform [ter-uh-fawrm] verb (used with object) – to alter the environment of a celestial body in order to make capable of supporting terrestrial life forms.

The Random House Dictionary

Il riuso dell’area ortiva in oggetto e della Darsena di Ravenna in generale, suggerisce un approccio che non miri unicamente ad un ridisegno dello spazio urbano bensì cerchi di proporre un intervento di riuso come processo trans-attivo, cioè un evento di riqualificazione urbana capace di porsi come un processo coinvolgente che, da una parte sensibilizzi la cittadinanza verso temi cari al dibattito contemporaneo e dall’altra ne sottolinei la dimensione avventurosa e ludica stuzzicando la fantasia e la creatività del pubblico. In quest’ottica era fondamentale legare al concetto di riquali_cazione urbana di un luogo de-funzionalizzato un immaginario di riferimento che fosse quanto più possibile evocativo.

Non solo ideare uno spazio di azione ma costruire una cornice che rilanciasse l’azione stessa. Il concetto di Terraformazione, inteso come “ipotetico processo artificiale atto a rendere abitabile per l’uomo un pianeta o una luna intervenendo sulla sua atmosfera” ricalca perfettamente questa duplice necessità perchè lega implicitamente l’idea di trasformazione di un luogo inospitale ad un nitido immaginario fantascientifico.

La Darsena di Ravenna per molti rappresenta un ambiente sconosciuto, ostile alla comune vita urbana, per certi versi pericoloso e tossico, basti pensare alle coperture in Eternit, ai residui chimico-industriali o agli edifici pericolanti. Insomma una vera e propria atmosfera “aliena” per il cittadino.

L’intervento si pone il compito di recuperare il luogo relazionando l’attività permanente della coltura ortiva con quella dell’evento culturale. A questo fine un sistema di spazi aperti offrire un servizio alla coltivazione ospitando sistemi di produzione naturale di energia, depositi per gli atrezzi, taniche per la raccolta d’acqua e per il compostaggio di rifiuti organici. In tali spazi performance teatrali, proiezioni visive e installazioni artistiche possono al contempo trovare posto.

L’unico edificio predisposto ad includere l’intero programma funzionale a sfondo culturale prende origine dall’esigenza di accogliere una comunità estratta dal mondo della cultura e dello spettacolo e al contempo darle la possibilità di manifestare, tramite l’evento, una moltitudine di forme artistiche in cui la cittadinanza può essere coinvolta.

A questo riguardo la spazio centrale del Globe Theatre è stato riferimento per la capacità di convergenza verso un fulcro, così come l’appropriazione a scopo abitativo che nel Medioevo l’Arena di Lucca ha vissuto ben riassumeva il riadattamento di un contesto anomalo, apparentemente incompatibile.

L’intero edificio si avvale di un sistema costruttivo in tubi innocenti, rivestiti esternamente con pannelli in legno colorato. Tale scelta deriva dalla praticità nel processo di montaggio e smontaggio, così come dalla capacità evocativa che lo scheletro in acciaio mantiene una volta smantellato l’edificio, rimanendo come nuovo elemento scultoreo in assonanza con il paesaggio dell’abbandono industriale.

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