I bambini e le bambine di oggi hanno l’agenda piena, impegnati giornalmente, nel loro “tempo libero” dalla scuola, in molteplici attività sportive, ludico ricreative, o addirittura “formative”. Sono bambini che precocemente, già a partire dai due/tre/quattro anni prendono lezioni di inglese, di musica, di ginnastica ritmica o di danza, ma in realtà se consideriamo la loro età sono ancora molto piccoli, e, pur avvertendo lo slancio verso l’autonomia, hanno ancora bisogno di “ricaricarsi” con le coccole dei genitori, di rassicurarsi nell’abbraccio degli affetti e di ritrovare tempi più distesi, dentro le “mura familiari”. Quando, anzitempo, vengono spinti verso attività esterne, che scandiscono i loro tempi quotidiani, non si tiene conto che già la frequenza del nido o della scuola dell’infanzia comporta un dispendio di risorse personali ed un impegno sul piano emotivo, cognitivo e sociale, già molto elevato. I bambini allora possono diventare irrequieti, nervosi, incapaci di gestire “i vuoti”, circondati quasi sempre da adulti (nonni, zii, baby sitter), che corrono insieme a loro per portare a termine il “puzzle” di attività quotidiane, che il bambino accetta per puro amore verso i genitori, non per una propria autentica motivazione/interesse.
Prevale spesso nei genitori la preoccupazione e l’insicurezza verso il futuro e l’ansia di preparare, per tempo, i propri figli, alla complessità della vita ed alle sfide che essa comporta. Da tale tendenza nascono sia atteggiamenti molto protettivi, sia aspettative elevate nei confronti dei figli, perché siano presto evoluti dalle “fragilità” del mondo infantile (lasciare ciuccio e pannolino, non svegliarsi di notte, non fare i “capricci” e piangere, non litigare..) e perché siano in grado di imparare una “grandine” di informazioni e svolgere tutte le esperienze possibili. Ma tutto questo ha delle conseguenze sui bambini, perché il “precocismo” li priva della loro “infanzia”!
Diventa veramente molto importante, a questo punto, soffermarci, genitori, insegnanti, educatori, sui bisogni reali dell’infanzia; se ci concentriamo su ciò che realmente aiuta i bambini a crescere con serenità, con una maturazione graduale, che rispetta la loro età e l’emergere delle loro risorse cognitive, emotive e sociali, proteggendoli dalle eccessive pressioni della vita quotidiana, allora avremo modo di cogliere ciò che interessa ai bambini e che li rende felici. E’ il gioco che sta al centro della vita infantile! La possibilità di sperimentare se stessi, insieme agli altri, in libertà, a casa, a scuola, nella natura. È col il gioco che i bambini imparano ciò che veramente serve nella vita: scoprire il mondo che li circonda, lasciando intatti certi misteri, per il momento incomprensibili, imparare a stare insieme agli altri (compagni e adulti), condividendo piaceri, regole, comunanze e differenze, tollerando dolori e frustrazioni, sperimentare strategie per risolvere quei conflitti e problemi quotidiani, commisurati alla loro età, sostenuti (non anticipati) da adulti amorevoli, comprensivi verso errori ed insuccessi, ma “imperfetti”, quindi autentici! E ancora …esplorare, costruire, trasformare, imparare lentamente, sbagliare, saper ricominciare, anche se si cade e si “sbucciano le ginocchia”.