NYONG INYANG

33enne di Calabar, nel sud della Nigeria, è un “drummer boy”, un ragazzo percussionista, come vuole la tradizione di famiglia.

Con il padre re tribale e la madre cantante gospel, cresce fra i tamburi e il coro della chiesa. Alla passione per la musica unisce però quella per la politica, pericolosa in comunità dominate da un intreccio fra poteri tribali e economici. Tanto che nel 2010, quando il padre viene ucciso, è costretto a scappare. Si rifugia in Libia, dove lavora come ingegnere per una compagnia di trasporti, ma nell’agosto 2011, in piena guerra civile, deve fuggire anche da lì. “La ditta era chiusa, i neri erano bersaglio delle milizie anti-Gheddafi e tutte le frontiere erano bloccate: l’unica via di salvezza – racconta – era il mare”.

Si ritrova in un hotel riconvertito a centro di accoglienza, nel cuore di Napoli, “senza nulla da fare per mesi e mesi”. Decide allora di rimettersi a comporre e suonare. L’incontro con i musicisti dell’Orchestra Multietnica Mediterranea fa il resto. Inyang diventa una delle voci soliste dell’Orchestra e scrive Ubuntu, brano di punta del disco d’esordio dell’ensemble, “Il Mediterraneo unisce i continenti che separa”, pubblicato nell’estate 2014. Oggi Inyong è un fiume in piena: il progetto solista Nafrythm, che sta per ritmo afro-napoletano, con un disco in cantiere, i singoli registrati con l’artista reggae italo-cingalese Prageeth Perera, come “Napoli terra di fratellanza”, cantata in napoletano e inglese, lo spettacolo “Il mio nome è Natiki”, sempre con Orchestra Multietnica Mediterranea.