Premesso che
martedì 11 gennaio 2021 è apparso sulla pagina Facebook ufficiale della Polizia Locale di Ravenna un post dal seguente contenuto: “La Polizia Locale di Ravenna effettua controlli telefonici finalizzati ad accertare il rispetto dell’isolamento fiduciario Quarantena.
Ai fini del controllo è utile l’invio della propria posizione (posizione GPS in tempo reale) ad un numero cellulare di servizio (sarà fornito durante la telefonata, termina con 4521).
In assenza di risposta è inviata la pattuglia sul posto”.
In data 13 gennaio 2021 è apparso un articolo sul quotidiano nazionale La Verità dal titolo: “La Polizia di Ravenna inaugura il Grande Fratello per i positivi” e dal sottotitolo “Positivi obbligati a geolocalizzarsi. Ravenna inaugura il Grande Fratello”.
Considerato che
la pervasiva sorveglianza pretesa dalla Polizia Locale di Ravenna, riferibile all’iniziativa del suo Comandante Dott. Andrea Giacomini, travalica inammissibilmente i compiti di polizia amministrativa sostituendoli con quelli tipici della polizia giudiziaria e del tutto al di fuori di qualunque sfera di controllo da parte dell’autorità competente.
Intimare al cittadino ravennate in isolamento fiduciario, di geolocalizzarsi via telefono è infatti una forma di indagine che si pone al di fuori dalle legittime attribuzioni conferite alla Polizia Locale e non è giustificabile neppure dall’emergenza epidemiologica in atto
Ciò che esige la Polizia Locale di Ravenna rappresenta una illegittima forma di servizio O.C.P. (Osservazione Controllo Pedinamento), ovvero una tipica attività di indagine di polizia giudiziaria che può svolgersi – in un sistema democratico e liberale – esclusivamente su delega dell’Autorità giudiziaria, abusivamente esercitata nell’ambito di compiti di polizia di natura amministrativa.
In altri termini, se alla Polizia Locale è concesso verificare se il “quarantenato” sia presso il proprio domicilio, non le è invece in alcun modo consentito “ficcanasare” dove costui si trovi in quel determinato momento: il ché all’evidenza avviene laddove si ordini al cittadino nientemeno che la comunicazione della propria attuale “posizione GPS”. Ovvero una penetrantissima forma di “pedinamento elettronico” più consona a tecniche di indagine sulla criminalità organizzata che ai rapporti tra P.a. e comuni cittadini.
Preso atto che
il Comandante della Polizia Locale di Ravenna Andrea Giacomini ha dichiarato nell’articolo apparso il 13 gennaio su La Verità: “ho studiato a fondo tutti gli aspetti giuridici legati a questo provvedimento; operiamo sotto l’egida del Prefetto e del Questore; il Sindaco de Pascale ne è informato; ogni giorno riceviamo dalla Prefettura gli elenchi delle persone da controllare con l’identità del soggetto e il recapito; dalle migliaia di nomi estraiamo un campione da controllare.
Ritenuto che
il Comandante della Polizia Locale di Ravenna abbia travalicato i compiti amministrativi della stessa per acquisire senza alcun mandato o consenso compiti di Polizia Giudiziaria.
Interroga il Sindaco e la Giunta Comunale per sapere:
1. se fosse a conoscenza dell’iniziativa del Comandante della Polizia Locale e in tal caso se sia d’accordo;
2. se per tale iniziativa sia stata consultata l’U.O. Legale e Contenzioso per l’espressione di un parere;
3. se il Comandante della Polizia Locale abbia ricevuto espresso incarico dal Sindaco o dall’Assessore con delega alla Polizia Locale per effettuare il servizio di richiesta di ricevere la geolocalizzazione da parte dei soggetti chiamati in quarantena con relativa indicazione di invio della pattuglia presso il recapito in caso di diniego