04 Aprile 2023

Festival delle Culture 2023: «Al centro i diritti umani, la società interculturale e i giovani»

foto di Luca Gambi

Giovani, accoglienza, intercultura, diritti umani. Si avvicina il Festival delle Culture 2023 di Ravenna. A raccontare tutte le novità dell’edizione in programma a fine maggio è Federica Moschini, assessora all’Immigrazione del Comune.

Quest’anno la XVI edizione del Festival delle Culture si svolgerà dal 26 al 28 maggio. Quale sarà il tema della manifestazione?

«Anche alla luce dei recenti sbarchi di naufraghi migranti a Ravenna e dell’emergenza ucraina, quest’anno il Festival sarà incentrato sulla tutela dei diritti umani e per questo avremo la partecipazione di Abdulrazak Gurnah, rifugiato politico, docente di storia post coloniale e premio Nobel per la letteratura 2021».

Il Festival è il momento finale di diversi percorsi di partecipazione. Ce ne racconta alcuni?

«Uno è rappresentato proprio dall’adesione ai gruppi di lettura dei testi del professor Gurnah, che è stata massiccia: 32 classi degli istituti scolastici superiori, oltre 750 studenti. In tutto 38 gruppi di lettura nella città, uno all’interno del corso in inglese di Cooperazione internazionale e diritti umani, con 30 studenti, di cui molti non italiani, altri nella Biblioteca Classense, sezione Holden e “Amici della Biblioteca Classense”, nei progetti Sai Msna e ordinari, dove le insegnanti di italiano stanno condividendo brani e storie. Nel progetto Sai Msna è nata l’idea di realizzare un podcast sul tema. E il premio Nobel ci ha detto che non vede l’ora di incontrarli tutti e di rispondere alle loro domande. Pensare che tanti ragazzi si stiano confrontando, forse per la prima volta, con alcuni dei testi principali della letteratura post coloniale, come “Sulla riva del mare”, “Paradiso”, “Voci in fuga”, “Il disertore”, leggendo brani, capitoli, un intero romanzo o semplicemente discutendone in classe, non è solo un motivo di orgoglio, ma rappresenta un’importante semina dei valori nei quali crediamo, interculturali e della coesione sociale. Qui il percorso è importante quanto l’evento finale».

Un Festival che vuole rivolgersi ai giovani, quello di quest’anno?

«È una scelta che ci caratterizza da diversi anni. Quest’anno proviamo anche a connettere alle tematiche del Festival – i diritti umani, l’asilo, l’accoglienza – un importante circuito giovanile, quello delle danze afro urban. È una realtà che unisce giovani di tutta Italia, come strumento di conoscenza e di cultura, un mezzo di comunicazione per trasmettere valori, emozioni e informazioni. Così è nata l’idea di “Afro Urban Generation”, un momento di unione e di scambio culturale. In un’atmosfera di festa i giovani avranno la possibilità di studiare ed approfondire le danze Urbane provenienti dall’Africa, l’afro dance e la sua cultura. Abbiamo previsto 8 ore di workshop, suddivise in due giornate, tenuti da esponenti di riconosciuta fama del settore coreutico Afro Urban della scena internazionale, Cori, Ordinateur , Banana e Carlos Kamizele, seguite, il sabato, da una performance nel format “Battle” e la domenica da una rassegna coreografica di classi amatoriali di danza Afro Urban con esibizioni e jam session itineranti musicali e coreutiche».

Dove si svolgerà il Festival?

«Per la prima volta il Festival esce dall’Almagià e si immerge completamente lungo il canale nella Darsena di città, un quartiere multiculturale, che vive un processo di riqualificazione urbanistica e di forte connessione con il resto della città. Le comunità migranti hanno un ruolo positivo in questo processo di rigenerazione e la Darsena sta diventando il cuore creativo e interculturale di Ravenna. Il Festival sarà lì tra i cittadini che passeggiano lungo il canale, nella città, non si arrocca, perché l’intercultura è “dentro” l’evoluzione della città. Tutti gli eventi saranno accessibili e fruibili da persone con disabilità».

Il 26 maggio si partirà sempre da piazza San Francesco?

«Sì, alle ore 17.45 con la bandiera mosaico, collage delle bandiere di tutte le 126 comunità presenti a Ravenna. Alle ore 18 il premio Nobel leggerà il canto XXVI dell’Inferno. Poi darà avvio alla ormai consueta Fiumana, un corteo di giovani, associazioni e cittadini che a suon di musica attraversa la città fino in Darsena dove si svolgeranno gran parte degli eventi e saranno allestiti banchetti di sensibilizzazione sul tema dei diritti umani, a cura delle associazioni e degli stand gastronomici».

Perché il Canto XXVI dell’Inferno?

«È il canto di Ulisse, un inno accorato alla conoscenza, come rimedio contro l’imbarbarimento, ma anche come diritto inalienabile della condizione umana. Ulisse è il migrante che non vuole arrendersi a “viver come bruti” ed affronta il viaggio verso l’ignoto, il naufragio, per andare oltre la condizione che la vita sembra avergli assegnato. Poi c’è un altro aspetto: ad Ulisse non si rivolge Dante, che non conosce il greco, ma Virgilio, il tramite tra cultura greca e medievale. E’ il ruolo che oggi svolge la letteratura post coloniale, di cui Gurnah è espressione, cerniera tra la visione eurocentrica e un nuovo umanesimo multipolare».

Avete appena concluso una rassegna sull’Africa, tra l’altro…

«Sì, la Casa delle Culture ha realizzato un bel ciclo di incontri sul tema. Mi viene da dire che era quasi dovuto. Anche per integrare una narrazione stereotipata e monca su un continente straordinario, “giovane” e in grande fermento culturale. Negli ultimi anni i grandi premi letterari se li sono aggiudicati scrittori africani. Non solo il Nobel, pensiamo ad esempio a Mohamed Mbougar Sarr, vincitore del Premio Goncourt 2021. La seconda industria cinematografica al mondo in termini di quantità di film prodotti all’anno, dopo l’indiana Bollywood, è Nollywood in Nigeria e diverse produzioni nigeriane hanno ottenuto importanti riconoscimenti dalla critica internazionale. E potrei continuare».

Sono previsti anche uno spettacolo teatrale e due concerti

«Domenica 28 maggio, alle ore 21, Federico Buffa, con Alessandro Nidi al piano, si esibirà in “Due pugni guantati di nero”, la storia di T.Smith e J.Carlos, della loro straordinaria battaglia contro le discriminazioni razziali alle Olimpiadi del ’68. Buffa è un narratore incredibile, con “uno stile avvolgente ed evocativo” capace di creare connessioni, aprire spazi alla nostra riflessione. Ci può aiutare ad innovare il messaggio interculturale e ad ampliare la platea dei potenziali fruitori. I concerti ci saranno il venerdì e il sabato con la musica innovativa dei Bab L’Bluz, che mescolano stili provenienti da diversi continenti che si incontrano per diffondere un messaggio di pace e uguaglianza, e degli Ayom, gruppo che intreccia ritmi africani, mediterranei e sudamericani dando vita ad un genere musicale che trascende i confini e crea ponti tra ritmi diversi. Ma per noi è anche molto importante l’esibizione corale con una coreografia collettiva che faranno le associazioni venerdì 26 maggio dopo la Fiumana. È un messaggio di coesione che contrasta i rischi di frattura e separatezza, che pure ci sono stati a Ravenna, anche alla luce degli eventi più recenti, e rafforza l’unione tra le comunità».

Qual è l’obiettivo finale di questa manifestazione?

«Oggi è molto difficile parlare di immigrazione, come di altre tematiche, perché all’opinione pubblica sembra che venga solo richiesto di schierarsi e contrapporsi. Ecco, noi vorremmo creare per tre giorni, nella città, uno spazio di riflessione su una società, che è da tempo interculturale, ma che viviamo come se dovesse ancora venire, e su cosa significa tutelare i diritti umani, cioè noi stessi, senza chiedere a nessuno di schierarsi».

Qui il programma del Festival.
Per partecipare alla Fiumana del 26 maggio ci si iscrive qui
Per i workshop di danze urbane dall’Africa, ci si iscrive a questo link

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