Musulmani che salvarono ebrei durante la Shoah, ritrovati e immortalati dal fotografo Norman Gershman, ebreo-americano, durante cinque anni di ricerche in Albania. E’ questo il tema della mostra fotografica “Besa, un codice d’onore”, che si inaugura dopodomani, giovedì 26 gennaio, alle 20 nella sala espositiva di via Berlinguer 11, nell’ambito delle iniziative dedicate al Giorno della Memoria, promossa dall’assessorato al Decentramento del Comune – consiglio territoriale Ravenna sud, in collaborazione con l’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea in Ravenna e provincia.
Interverranno Elsa Signorino, assessora alla Cultura; Antonio Mellini, presidente del consiglio territoriale; Giuseppe Masetti, direttore dell’Istituto storico della Resistenza.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 20 febbraio, dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 18 e il venerdì dalle 9 alle 12. L’ingresso è libero.
“Besa” è una parola albanese che si traduce come “giuramento” o “promessa” e che ritrova le sue radici in un antico codice di condotta rivelatosi in grado di influenzare la cultura di questo popolo, contribuendo a diffondere principi di tolleranza e di solidarietà. La mostra, che consta di tredici pannelli fotografici, è un viaggio nella memoria proposto attraverso scatti in bianco e nero dei volti di coloro che salvarono quasi duemila ebrei oppure dei loro discendenti, di singoli e di interi gruppi familiari, affiancati da testi in cui spiegano le loro motivazioni.
Si tratta di una straordinaria testimonianza del popolo albanese e di un esempio etico di tolleranza tra religioni e culture diverse. La mostra è una produzione di Yad Vashem, Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele, ed è stata presentata per la prima volta a Gerusalemme nel 2007. L’edizione italiana è curata dall’Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea di Reggio Emilia (Istoreco).
Dopo l’inaugurazione seguirà la proiezione del documentario “Cotignola, il Paese dei Giusti” di Nevio Casadio, a cura del Circolo cooperatori, sulla vicenda del piccolo centro romagnolo dove, tra il 1943 e il 1945, quarantuno perseguitati dalle leggi razziali furono accolti nelle case di tutti gli abitanti, comprese quelle delle autorità istituzionali e della Curia.