Venerdì 29 marzo alle 18 nella sala Muratori della Biblioteca Classense torna un autore molto amato dal pubblico, Gianni Vacchelli, capace come nessun altro di rendere contemporanei i grandi interrogativi che Dante pone attraverso la sua opera.
“Dante e la selva oscura” – questo il titolo del libro che verrà presentato – costituiscono una sorta di “esercizio di speranza” perché contribuiscono a quel recupero di realtà che ci è indispensabile in una stagione storica in cui, come osservava Elsa Morante, il mondo corre verso la sua disintegrazione come se fosse il bene supremo.
Se Dante è una delle “Grandi anime dell’Europa, un’Europa della coscienza, della bellezza e dell’essere”, il suo messaggio è tanto più necessario ora, in questa fase cruciale per l’esistenza stessa dell’Europa.
Perché Dante è mistico, profondamente cristiano, ma illustra una via per la salvezza che non è soltanto per gli asceti.
Lo dimostra anche la sua biografia di uomo attivo, intento a salvare la civiltà dalla corruzione attraverso la politica. E se è vero che viviamo in un mondo disumano, spersonalizzante, senz’anima, in cui tutto è corpo, il corpo è merce e la merce si compra, non per questo tutto è perduto. Possiamo ripartire da ciò che conosciamo da sempre: quel libro di cui non comprendevamo le pene crudeli né la santa catarsi, in età matura e scevri da paraocchi può diventare una guida per muoversi nella giungla urbana, che del resto in qualche modo è la Selva oscura. Dante lo scriveva già settecento anni or sono nel primo canto dell’Inferno: il regno della lupa è “avidità, cupiditas, ingiustizia distributiva, accumulo, orgoglio, smisuratezza”.
E’ questo il nostro regno, che genera miseria materiale e morale; Dante gli contrappone liberalità, cortesia e misura. C’è una luce in fondo al tunnel del riduzionismo nichilista? L’autore ne è convinto. Proprio come Alighieri non volle smettere di credere, nemmeno negli anni amari dell’esilio. Possiamo sfuggire alla perversione dell’economicismo recuperando le radici plurime della nostra civiltà. Perché in Dante possiamo leggere, tra le righe, il sogno mai tramontato “di un’Europa unita sovranazionalmente, che però contiene e onora le sue singolarità”.
La Commedia insomma è anche un’opera utopistica, politica e pluralista. E non si abbia sfiducia nei sognatori: muovono da sempre le leve per cambiare il mondo. Quello di Gianni Vacchelli è un libro insieme rigoroso e molto personale, e importante perché ci ricorda che lettura della Commedia, prima di essere palestra per dispiegare l’erudizione o la finezza esegetica, è strumento capitale per imparare a maturare il senso dell’integrità umana, nella piena adesione alle relazioni vitali, in primis con Dio, avvertito non come qualcuno che punisce e premia, esalta e atterrisce, ma sentito “come l’Amore che tutto fonda, ordina e guarisce”.
Gianni Vacchelli, docente di liceo classico a Milano, collabora con l’Università Statale della stessa città ed è scrittore e narratore; tra i suoi saggi, si può citare L’attualità dell’esperienza di Dante (2015), mentre fra le opere narrative si annoverano Arcobaleno (2012); Generazioni. Storie di liberazione e abisso (2016); Alice nella notte (2018).
Prossimo incontro: venerdì 5 aprile con Enzo Ciconte, La grande mattanza. Storia della guerra al brigantaggio, Editori Laterza.