Anche quest’anno e nelle circostanze del tutto impreviste e particolari di questo ultimo periodo relative al Covid-19 la Fondazione Museo del Risorgimento di Ravenna, che presiedo, vuole ricordare il 25 aprile.
Il 75° anniversario della Liberazione quest’anno non potremo festeggiarlo con il festoso abbraccio delle piazze piene di persone come sempre è accaduto, ma questo non toglie che si debba comunque onorare il sacrificio di tutti coloro che da allora ci hanno permesso di vivere in pace e in democrazia. Non rinunciamo, quindi, al sentimento di fratellanza universale e allo spirito di cittadinanza recuperando proprio il civismo e il patriottismo del Risorgimento che contribuì alla formazione della Repubblica, nella quale potevano finalmente realizzarsi la libertà, l’uguaglianza nei doveri da cui discendono i diritti di tutti i cittadini e le cittadine e un’azione di inclusione sociale che doveva rendere tutti gli italiani capaci di poter dare il proprio contributo alla vita della nazione.
Quello di quest’anno non potrà essere un abbraccio di piazza, ma dovrà essere un abbraccio virtuale al quale possiamo partecipare tutti, ognuno dalle proprie abitazioni, esponendo il tricolore e così una celebrazione intima potrà comunque diventare corale e molto sentita.
Gli eventi di questi ultimi mesi legati alla pandemia del Coronavirus ci hanno provato molto come comunità e in questo frangente ribadisco il ringraziamento a quanti nell’ambito sanitario e non solo stanno prestando la loro incessante e preziosa opera. Le persone che sono morte hanno tutto il nostro rispetto, così come chi sta soffrendo per la loro perdita e per le restrizioni che ci sono imposte, con strascichi pesanti dovuti alla situazione economica delle famiglie e del nostro Paese. Questo dolore e questi sacrifici però non possiamo paragonarli a quelli della guerra di liberazione per molteplici motivi. Ciò non significa sminuirne la portata, ma semplicemente ribadire che il 25 aprile è la festa per ricordare che c’è stato un tempo in cui non c’era la libertà di manifestare il proprio pensiero e di condividere i nostri ideali. La storia la si rispetta e non la si interpreta.
In molti e per molti anni avevano sofferto e patito per tener fede alle proprie idee di uguaglianza, libertà, democrazia che solo la Repubblica poteva garantire. L’impegno di tutti possiamo ricordarlo con le parole del ravennate Primo Uccellini che non smise mai, come Giuseppe Mazzini, di sognare un’Italia repubblicana: “Dopo la guerra ingiusta che mi si fece per essere rimasto fermo nei principi repubblicani […] ebbi la consolazione di vederli risplendere più vivi di prima […] né devierò mai da quella strada da sì lungo tempo tracciatami. Nacqui repubblicano e repubblicano voglio morire.” (1877)
24 Aprile 2020