08 Ottobre 2020

Ravenna sabato in udienza papale per la benedizione della croce donata nel 1965 da Paolo VI per la tomba di Dante

Una delegazione della città di Ravenna, guidata dal sindaco e presidente della Provincia Michele de Pascale, dall’arcivescovo di Ravenna e Cervia Lorenzo Ghizzoni e dal prefetto Enrico Caterino, fra cui figurano anche Antonio Patuelli, presidente dell’Abi e del gruppo La Cassa di Ravenna, e Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, direttori e fondatori del Teatro delle Albe – Ravenna Teatro, sarà ricevuta sabato, 10 ottobre, alle 12 da papa Francesco. Nel corso dell’udienza, alla quale assisteranno giornalisti di diverse testate, il Pontefice benedirà la croce donata da Paolo VI nel 1965, in occasione del settimo centenario della morte di Dante, per la tomba del Sommo Poeta.

La delegazione è purtroppo piuttosto ristretta a causa delle normative anti Covid, ma ciò non rende meno significativa questa nuova tappa delle celebrazioni dantesche, apertesi il 5 settembre a Ravenna alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che costituisce un ulteriore prezioso momento dall’alto valore spirituale e simbolico.

La croce è una croce greca, con quattro ametiste incastonate alle estremità, collocata al di sopra della lastra marmorea di Pietro Lombardo. Fino a prima del recente restauro della Tomba era stata sostituita da una copia.

Nella ricorrenza del settimo centenario della nascita di Dante, Paolo VI con la lettera apostolica “Altissimi cantus”, datata 7 dicembre 1965, evidenziava il profondo interesse della Chiesa per la figura di Dante. La lettera apostolica completava la serie di iniziative attraverso le quali papa Montini volle esprimere l’ammirazione sua e di tutta la Chiesa per il cantore della Divina Commedia. Il 19 settembre dello stesso anno il Papa aveva inviato per la tomba del Poeta a Ravenna la croce d’oro, come segno della risurrezione che Dante professava.

La croce in particolare sanciva il riconoscimento di Dante quale figlio devoto della Chiesa, ponendo le sue reliquie sotto il segno fondamentale del mistero cristiano, respingendo l’idea sorpassata di un Dante eretico e ribelle. In particolare Paolo VI scrisse all’arcivescovo Baldassarri di Ravenna che la Divina Commedia è “poema dell’umanità, della civiltà, della filosofia e teologia, poema dell’unione e dell’armonia dell’ordine naturale con il soprannaturale, della vita presente con l’eterna”.

“Onorate l’altissimo poeta!”, è l’invito-appello con cui Paolo VI conclude l’ “Altissimi cantus”.