Nella giornata in cui ricorre l’anniversario della nascita di Dante Arfelli, nato a Bertinoro il 5 marzo del 1921, Ravenna vuole rendere quell’omaggio che la pandemia rese impossibile nell’anno esatto del centenario. Così sabato 5 marzo dalle 10 alla sala D’Attorre (via Ponte Marino 2) verrà celebrato Dante Arfelli nell’ultimo, per così dire, giorno del suo centenario. Si è al cospetto di un autore profondamente legato a Ravenna, alla terra di Romagna, ma anche al Centro relazioni culturali; fu infatti amico di Walter Della Monica che ne curò le ultime pubblicazioni e che tanto si adoperò per tenerne viva la memoria. Si deve alla figlia Fiorangela Arfelli, che con passione cura l’archivio del padre, l’invito ad organizzare una giornata di studio che coinvolge importanti conoscitori dell’opera di uno scrittore eccezionale, che ha tratteggiato l’incertezza del dopoguerra come pochi.
“Un’opera amara, cruda, aspra, anche disperata, se dal fondo della sua chiusa tristezza non si levasse una trepida luce di umana simpatia”: con questa motivazione una giuria di alto livello, composta tra gli altri da Pancrazi, Palazzeschi, Giani Stuparich, nel 1949 aveva assegnato a Dante Arfelli da Bertinoro il Premio Venezia, antesignano del Campiello, per I superflui, il suo romanzo d’esordio, scritto di getto nell’estate precedente. In occasione della ristampa de I superflui, avvenuta nel 1994 da parte di Marsilio, Paolo Crepet ne intervistò l’autore sulle pagine de «l’Unità» e sarà proprio il noto psicoterapeuta e saggista ad aprire la giornata di studio.
Sarà poi Clelia Martignoni dell’Università di Pavia ad entrare nel capolavoro di Arfelli. I superflui, un volume dalla storia incredibile, pubblicato da Rizzoli e poi riedito da Vallecchi così da toccare le centomila copie, tradotto poi in vari paesi con riscontri di vendite e critica – specie in Francia e negli Stati Uniti – che pochi scrittori italiani possono vantare. Solo negli Usa l’edizione economica per l’editore Scribner’s, lo stesso di Hemingway, raggiunse le ottocentomila copie. Uscito nel pieno della stagione neorealista, il romanzo se ne distacca in modo netto e presenta una visione scevra di ogni retorica o fervore populista.
Marino Biondi dell’Università di Firenze approfondirà i meccanismi della vicenda letteraria, analizzando il destino di uno scrittore in bilico tra silenzio e scrittura. Di “silenzio emblematico” infatti si parlò a proposito di uno scrittore che concentrò in una stagione brevissima una vita profondamente intessuta alla scrittura. A Marco Sangiorgi il compito di affrontare La quinta generazione, pubblicato nel 1951. Lo studio delle fonti d’archivio è affidato a Ivan Simonini, mentre a Franco Gabici tocca una riflessione su due destini paralleli: quello di Dante Arfelli appunto e di Giuseppe Berto, amici in vita e in qualche modo compagni di sorte umana e artistica. Alla figlia Fiorangela è affidata la conclusione del convegno, nel ricordo del padre e dello scrittore.
L’auspicio è che il centenario della nascita di questo singolare e sfortunato autore possa diventare occasione per riportare nelle librerie i suoi romanzi, per riscoprire pagine che conservano ancora intatta la loro forza, nell’originalità della cifra stilistica e nell’esemplare rappresentazione di quegli esseri umani che oggi come allora si sentono e vengono reputati superflui, destinati come tali a soccombere in una società indifferente alla loro sofferenza e solitudine.
Conduce la giornata di studio Matteo Cavezzali e introducono l’assessore alla Cultura Fabio Sbaraglia e il direttore della Biblioteca Classense, del Mar e dell’unità organizzativa Politiche culturali Maurizio Tarantino.
Dante Arfelli nasce a Bertinoro il 5 marzo 1921. La sua opera d’esordio, I superflui, vince nel 1949 il Premio Venezia (antenato del Campiello) e diviene subito un caso letterario di portata internazionale: negli Usa diventa un vero e proprio bestseller con l’editore Scribner, lo stesso editore di Hemingway, sfiorando il milione di copie vendute. Segue il romanzo La quinta generazione (1951) e poi un lungo silenzio terminato solo nel 1975 con la raccolta di racconti Quando c’era la pineta e, nel 1993, con Ahimé, povero me, straziante racconto biografico. Muore a Ravenna il 9 dicembre 1995.